Barbablù, ovvero il predatore della psiche
Le fiabe se c’è una cosa che ci insegnano benissimo è nominare e definire le cose per ciò che sono e
non per ciò che vorremmo siano. A proposito di ciò, in questo articolo prenderemo in esame la fiaba
di Barbablù..
La fiaba
Per chi non la conoscesse tratta la storia di una ragazza, la minore di tre sorelle, che un giorno
andando a passeggiare nel bosco incontra un cavaliere con una strana barba color blu. Nonostante
fin dall’inizio quella barba la inquietasse, le parole del cavaliere la convinsero ad intraprendere una
relazione con l’uomo. A nulla valsero le raccomandazioni delle sorelle maggiori che volevano
mettere sul chi va là la sorella più piccola. Il ben parlare e la sfarzosità della vita che Barbablù
mostrava di poter offrire aveva fatto breccia nella mente della sorella minore che decise di sposare
l’uomo e andare a vivere nel suo palazzo. Un giorno l’uomo disse alla sposa che doveva andare via
per qualche tempo, la invitò a chiamare a palazzo le sorelle e le lasciò un mazzo di chiavi con le
quali avrebbe potuto aprire tutte le porte dell’edificio ma le vietò di usare la chiave più piccola. La
giovane donna accettò di buon grado la proposta del marito e passò così del tempo con le sorelle.
Disse che poteva mostrar loro tutto il palazzo eccetto una stanza che però non sapeva qual era, così
le sorelle decisero di giocare a quale chiave aprisse quale porta. Ad un certo punto avevano visitato
tutto il castello ma ancora non sapevano la chiave più piccola quale porta aprisse quando udirono
strani rumori provenire da una stanza nella quale si entrava per una porticina. Decisero allora di
aprirla per dare una sbirciatina. La stanza era buia e bisognava necessariamente accendere una
candela per vederne il contenuto e così fecero, salvo fare una terribile scoperta: tutto attorno a loro
era cosparso di cadaveri! Le tre sorelle uscirono allora in fretta e furia da quella stanza ma la chiave
era macchiata di sangue e sporcò le vesti della più giovane delle tre. Nonostante i tentativi di
ripulire la chiave, questa continuava a gocciolare sangue. Venne il momento in cui Barbablù rientrò
a palazzo e chiese subito alla moglie di restituirgli le chiavi, questa allora gli consegnò il mazzo –
con tutte le chiavi meno la più piccola-. Di questa mancanza Barbablù se ne accorse subito e capì
che la moglie gli aveva disobbedito. Così la prese per i capelli e tentò di trascinarla nella stanza
dove giacevano i cadaveri delle mogli precedenti. La giovane donna si aggrappò alla porta e chiese
all’uomo di concederle un quarto d’ora per prepararsi alla morte. In realtà lei e le altre sorelle
avevano chiamato in soccorso i fratelli e li stavano aspettando per uccidere Barbablù. Quando
quest’ultimo salì sul bastione per prelevare la moglie ed ucciderla, arrivarono proprio in quel
momento i fratelli della giovane che -sguainate le spade- fecero a pezzi Barbablù lasciandolo in
pasto agli uccelli rapaci.
Il significato nascosto
Questa fiaba è davvero interessante per moltissimi aspetti, primo fra tutti il fatto che ci mostra
l’esistenza di una forza sanguinosa e temibile in totale contrasto con gli istinti naturali del proprio
Sé, per la quale non possiamo assolutamente provare alcuna pietà perché il suo scopo non è il
potenziamento della psiche ma semmai la ricerca di spegnere la luce di qualsivoglia istinto e
consapevolezza.
Le fiabe spesso narrano di diversi “uomini neri” che sono dei veri e propri predatori. Cos’è che però
vogliono realmente predare? Se facciamo riferimento alla fiaba di Barbablù ciò ci appare chiaro:
istinto, introspezione, intuito, sensibilità, lungimiranza, ardore, sono davvero dei bocconi
succulenti! La parte più istintuale della psiche umana è fortemente legata all’aspetto del femminile e
di conseguenza del materno, per questo per una donna -ancor più che per un uomo- è importante
restare legata alla sua parte più istintiva o, come la chiama la Clarissa Pinkola Estés nel suo libro
“Donne che corrono con i lupi”, la “natura selvaggia”.
Per contattare la propria parte istintiva spesso e volentieri bisogna entrare nell’oscurità e fare molta
attenzione a non esserne intrappolati. La fiaba di Barbablù ci insegna (un dettaglio che spesso
troviamo ripetuto in altri racconti) che nell’oscurità bisogna andarci sempre con un “lumicino
acceso”. Una luce che se vogliamo può rappresentare la ricerca della verità, delle “cose così come
stanno”. Accendere un lume ed andare a vedere cosa si nasconde anche nelle stanze che ci fanno più
paura è in fondo l’inizio del processo maturativo. Non possiamo pensare di raggiungere lo stato
adulto senza aver visionato tutte le stanze del “palazzo” ed averle ripulite da quelle forze che ci
trascinano verso il basso, ci sottraggono energia e in fondo ci trattengono in uno stato immaturo di
noi stessi.
La sorella più giovane della fiaba rappresenta quel potenziale creativo della psiche che va verso la
vita vissuta pienamente, all’ennesima potenza, che non vuol dire vivere in modo autodistruttivo, sia
ben chiaro. All’inizio della narrazione la donna è però ancora incapace di osservare e riconoscere il
predatore. È l’istinto naturale assopito, la rappresentazione di tutte le donne che -nonostante i dubbi
iniziali su un certo uomo o una certa situazione- si lasciano abbindolare o -se vogliamo- cadere
nelle acque confuse delle belle parole, dei bei momenti, delle apparenze.
Questa fiaba ci dice che è necessaria un’educazione di questo senso dormiente, dell’istinto, della
parte più selvaggia in noi. Certo potrebbe aiutare la presenza di una saggia guida materna che ci
mostri come non cadere vittime di questa potente forza che vuole abbattere l’istinto creativo e
vitale, ma non sempre questa guida è presente e -allorché sia presente- i nostri pari, forze culturali o
pressioni interne al nostro sé, possono comunque remarci contro. Di conseguenza potremmo
mettere a tacere l’istinto e sposare comunque Barbablù, salvo poi accorgerci di quanto sia
pericoloso per noi. Sarà allora in questo caso il matrimonio con il predatore della psiche a
risvegliare la nostra parte più istintuale che, temendo per la sua sopravvivenza, comincerà a
scalpitare e strillare, aggrappandosi alla porta di quella stanza piena di cadaveri e cercando un
espediente per aver salva la vita.
Ognuno di noi ha la necessità di essere iniziato alla presenza del predatore della psiche, per non
correre inutilmente grossi rischi e/o credere che “il mondo è sempre buono con noi”. Ricevere
quell’educazione che è alla base della sopravvivenza nel mondo animale sarebbe già un gran punto
di inizio. “Se è più grande di te e ti sta minacciando allora scappa”, “se è malato lascialo perdere”,
“se è velenoso vai in direzione opposta”, “se ti sa di buono ma ha le mascelle serrate, vai oltre”.
Queste nel mondo animale sono regole di vita ma, nel mondo degli uomini, gli istinti stanno
lasciando strada all’ingenuità. E non aiuta, soprattutto per le donne, quell’educazione che ricevono
già in tenera età a mostrarsi “carine” che spesso fa loro calpestare le proprie intuizioni, fino al punto
di rendere ridicola la strana barba blu del predatore.
Oltre il visibile
Bisogna allora imparare a prestare ascolto a quelle parti di noi meno ingenue, rappresentate nella
fiaba dalle sorelle maggiori, che ci invitano a guardare la verità senza i paraocchi. La sorella minore
non si rende conto che l’invito del coniuge a conoscere la casa ma non proprio tutta è un invito a
vivere di meno e non di più. E quante volte questa fiaba somiglia così terribilmente alla realtà!
Quante donne si sposano negando che la barba dell’amato sia coì blu o sperando di curare
quell’oscurità con il proprio amore, salvo poi restare invischiate in questa trappola mortale e veder
diminuire ogni giorno di più la speranza di una vita degna. Bisogna augurarsi in questi casi di
riuscire un giorno ad aprire la porticina che contiene la strage che sta avvenendo nella propria vita e
guardare in faccia la realtà. È importante imparare l’arte della disubbidienza, non ascoltare il
predatore e andare a fare luce proprio laddove lui non vorrebbe. Quando scopriamo cosa c’è dietro
la porta e ne esaminiamo bene il contenuto, scopriamo quasi sempre di aver permesso l’uccisione di
sogni, obbiettivi e speranze importanti. E dopo aver visto con i nostri occhi la verità come
potremmo mai essere gli stessi di prima? Come il sangue sulla piccola chiave a spirale che continua
a gocciolare e macchiare le vesti della giovane donna, come per rammentarle la carneficina presente
nella propria casa.
Chiederci “cosa c’è oltre ciò che è visibile?” è di vitale importanza e la capacità di far fronte a ciò
che ci sarà aldilà di quella porta aperta sarà proprio quello che ci permetterà di tornare alla nostra
natura più profonda e istintuale. Finché ci verrà insegnato che siamo impotenti di fronte al predatore
e di conseguenza a non registrare gli indizi che l’istinto ci fornisce, saremo sempre alla mercé delle
forze contrarie alla vita.
Ma non dimentichiamoci che dentro di noi c’è sia la giovane ragazza inesperta, sia i fratelli pronti a
sguainare le spade e fare a pezzi Barbablù. Questi uomini rappresentano la forza attiva, il maschile
presente in tutti noi che permette alla nostra parte istintuale -femminile- di riaffiorare in pienezza e
uccidere l’usurpatore.
Nella vita reale ci può aiutare porci delle domande del tipo: “Cosa c’è dietro?”, “Cosa non è come
sembra?”, “Cosa in me sta morendo?” Non si tratta di sfiducia verso il prossimo ma di mantenere
allenata la nostra parte istintuale che ci permette di non essere troppo ingenui e “carini”,
specialmente se abbiamo ricevuto un’educazione di questo tipo.
Cadere fra le grinfie del predatore della psiche non è mai bello e mai conveniente, avere cura di
un’educazione che ci eviti di soffrire inutilmente è fondamentale. Se avessimo davanti due strade
che ci portano al medesimo punto e una richiedesse moltissime sofferenze mentre l’altra incredibili
momenti di gioia e di pienezza, quale sceglieresti? Autoinfliggerci del dolore non è mai utile e se
abbiamo acquisito degli strumenti per scegliere la strada che ci comporterà meno sofferenze non
dovremmo affatto vergognarci di usarli.
Stefania Monai
Ti piacciono le fiabe? Leggi gli articoli di Stefania qui: